Contratti di Convivenza

I contratti di convivenza

Al giorno d’oggi sono sempre più numerose le coppie che, anziché sposarsi, scelgono per varie ragioni di convivere sotto lo stesso tetto, dividendosi spese e costi comuni relativi alla vita quotidiana.

Nel nostro ordinamento,  nonostante in passato siano state formulate diverse proposte di legge sul punto,  manca ancora una disciplina che regoli e tuteli le c.d. coppie di fatto cioè coloro non uniti da un vincolo matrimoniale. La mancanza di una normativa specifica non permette di tutelare i conviventi né durante la convivenza né al cessare di questa, diversamente da quanto avviene per coloro uniti da vincolo matrimoniale.

Per queste ed altre ragioni, sono stati dunque proposti i c.d. contratti di convivenza, ossia accordi risultanti da apposito atto scritto con cui si definiscono le regole della convivenza, disciplinando non solo i rapporti patrimoniali ma anche alcuni aspetti inerenti ai rapporti personali.

Il contratto di convivenza è un atto redatto dal notaio a cui le parti si rivolgono per ottenere una regolamentazione che rispetti le proprie specifiche esigenze, qualora si intenda iniziare una convivenza e sorga l’esigenza di disciplinarne e programmarne lo svolgimento. Inoltre è possibile, sin dal momento della redazione del contratto di convivenza, prevedere una pattuizione che disciplini l’eventuale fase finale del rapporto, così da evitare situazioni di elevata criticità e litigiosità.

Poiché dal patto di convivenza nascono veri e propri obblighi giuridici, la violazione della regolamentazione da parte di uno dei conviventi legittima l’altro a rivolgersi al giudice per ottenere una sentenza volta ad ottenere quanto previsto nel contratto stesso.

Cos'è possibile disciplinare

In forza dei contratti di convivenza è possibile disciplinare tanto aspetti personali quanto aspetti patrimoniali.

Relativamente i rapporti personali il contratto può contenere anche disposizioni inerenti la facoltà di assistenza reciproca, in tutti i casi di malattia fisica o psichica, nonché in caso di lesioni o infortuni ovvero qualora la capacità di intendere e di volere di uno di essi risulti compromessa.

In modo più dettagliato è possibile:

  • prevedere che il partner abbia la facoltà di assistenza, sia in casa che in qualsiasi struttura esterna privata o pubblica, nonché ogni diritto di visita, attribuendosi inoltre, ai sensi dell’art. 82 d.lgs. n. 196 del 2003, ogni più ampia facoltà di delega al fine di conoscere ogni dato o informazione sensibile, riguardante lo stato di salute;
  • procedere, in previsione di una futura incapacità fisica o psichica,  alla designazione reciproca ad amministratore di sostegno, dettando direttive sullo svolgimento dell’ufficio e sulla futura gestione patrimoniale e personale, con possibilità di effettuare scelte di autodeterminazione in riferimento ai trattamenti sanitari cui non si desidera essere sottoposti.

 

Per quanto riguarda i rapporti patrimoniali, a titolo di esempio, è possibile:

  • prevedere l’obbligo per il convivente che percepisce un reddito, di provvedere al mantenimento del convivente che invece si dedica esclusivamente al lavoro domestico e alla cura del partner e di eventuali figli;
  • definire le modalità di partecipazione alle spese comuni, e quindi la definizione degli obblighi di contribuzione reciproca dell’apporto di ciascun partner nelle spese comuni o nell’attività lavorativa domestica;
  • prevedere un meccanismo di acquisto automatico dei beni in comunione, seppur senza che gli automatismi convenuti dai conviventi possano essere opposti ai terzi;
  • stabilire l’uso della casa adibita a residenza comune, sia essa di proprietà esclusiva di uno soltanto dei conviventi o di entrambi, oppure sia in locazione;
  • destinare uno o più beni di proprietà esclusiva o congiunta dei conviventi a far fronte ai bisogni della vita comune, costituendo apposito vincolo di destinazione ai sensi dell’art. 2645-ter del Codice Civile;

Per quanto riguarda invece i rapporti con i figli si ricorda che l’art. 30 della Costituzione dispone che “è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli anche se nati fuori del matrimonio”.

All’interno dei contratti di convivenza sono ritenute ammissibili pattuizioni volte a regolamentare i rapporti patrimoniali relativi al mantenimento, l’istruzione e l’educazione dei figli purché ciò non importi per uno dei genitori la sottrazione da quelli che sono gli obblighi di legge.

Inoltre, è bene precisare che, per la peculiarità della materia in questione, ogni accordo coinvolgente figli minori soggiace alla regola che pone come preminente la salvaguardia degli interessi morali e materiali di questi ultimi, per cui un eventuale accordo tra i conviventi che coinvolga anche interessi dei figli potrebbe essere sindacato dal giudice. 

Regole per la fine della convivenza

Uno dei maggiori vantaggi offerti dai patti di convivenza, diversamente da quanto avviene per coloro uniti in matrimonio – stante il divieto dei c.d. contratti prematrimoniali – , è la possibilità di poter fissare le regole per la definizione dei reciproci rapporti patrimoniali in caso di cessazione della convivenza così da evitare, nel momento della crisi di coppia, tutte quelle discussioni e rivendicazioni causate dalle inevitabili tensioni del momento, che potrebbero rendere difficile trovare un accordo.

A titolo di esempio, è possibile convenire in vista di una futura crisi di coppia:

  • i criteri con cui procedere alla futura divisione di tutti i beni, comuni e non, mobili e immobili, acquistati dai conviventi insieme o separatamente durante il periodo della convivenza, stabilendo un obbligo di riconoscere all’altro partner la metà del valore dei beni acquistati separatamente, ovvero un obbligo di ritrasferimento all’altro partner della metà del bene acquistato separatamente;
  • l’obbligo per uno dei conviventi di corrispondere all’altro un contributo periodico;
  • il diritto di uno dei conviventi di continuare a godere della casa adibita a residenza per un determinato periodo di tempo.

I consigli del Notaio

Come detto, ad oggi l’ordinamento giuridico non disciplina in alcun modo i contratti di convivenza, per cui è rimessa alla discrezionalità delle parti,  nel rispetto delle inderogabili norme di legge, la determinazione del contenuto contrattuale.

Il ruolo del Notaio è dunque fondamentale non solo al fine di analizzare tutte quelle che sono le problematiche legate alla convivenza more uxorio, ma anche per ricevere tutte le informazioni, i pareri giuridici, ed i consigli utili e necessari per procedere ad una disciplina completa ed esaustiva del patto di convivenza, cosicché questo possa essere costruito e modellato sulla base di ogni singola e specifica esigenza dei conventi.

Consulta anche la guida del Consiglio Nazionale del Notariato: www.notaiorebuffoni.it/public/GuideUtili/Guida_Convivenza.pdf